JE SUIS CHARLIE

Parigi si risveglia dopo tre giorni dall’incubo del terrorismo. Un doppio blitz delle forze speciali si è concluso con l’uccisione dei 3 terroristi  Cherif e Said Kouachi, i due autori del massacro di Charlie Hebdo, e Amedy Coulibaly, che giovedì aveva ucciso una poliziotta a Montrouge, e che ha tenuto in ostaggio una ventina di persone in un negozio kosher per ore, chiedendo la liberazione dei due fratelli. Pare che Coulibaly avesse anche una complice, la fidanzata Hayat Boumeddiene della quale però non si ha nessuna traccia. Il bilancio delle vittime è di 16 civili uccisi (12 nell’attentato a Charlie Hebdo e 4 ostaggi al kosher) e 4 feriti in condizioni gravissime. Sono rimasti feriti durante i blitz anche 4 agenti delle forze speciali.

Grande solidarietà per le vittime francesi da parte di tutto il mondo, #JeSuisCharlie, lo slogan che accompagna news e post di solidarietà per la strage di Charlie Hebdo è uno dei più utilizzati negli otto anni di vita del social network. Alla sera del 7 Gennaio compariva già in quasi 4 milioni di tweet.

Solidarietà anche da parte di tantissimi italiani che rivendicano con forza la libertà della satira, peccato che mentre in Francia si permettono di sbeffeggiare anche Dio qui in Italia sia reato anche il vilipendio al capo dello stato. Un reato di mera opinione, contrario alla libertà di manifestazione del pensiero, e per giunta a contenuto indeterminato: non è facile, infatti, stabilire quale e quanto grave debba essere l’offesa verbale alle Istituzioni per ritenere commesso il reato. A dire il vero se ne accorsero con l’avvento della Repubblica e della nuova Costituzione ma nonostante le pressioni di una dottrina giuridica generalmente abrogazionista, la Corte Costituzionale rigettò la questione di legittimità chiarendo che il bene del prestigio delle Istituzioni meritava tutela.

Questo ha fatto sì che in Italia non esista una vera e propria satira, pungente e irriverente, se non quella di sparuti e coraggiosi vignettisti, ma una satira “morbida”, così smussata che pertanto non meriterebbe nemmeno di essere considerata tale.

Ma non solo, in molti non sanno che in Italia anche la bestemmia è reato; l’articolo 724 del Testo unico di pubblica sicurezza recita: “Chiunque pubblicamente bestemmia, con invettive o parole oltraggiose, contro la Divinità o i simboli o le Persone venerate nella religione […] è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da € 51 a € 309”.

Qui in Italia la redazione di Charlie Hebdo avrebbe chiuso i battenti dopo una settimana, eppure oggi tutti i nostri politici dimostrano la loro solidarietà e rivendicano la nostra libertà vantando una superiore civiltà. No amici, quella è la Francia. Noi italiani possiamo veramente dire “Je suis Charlie”?

 «Un popolo che è disposto a rinunciare ad un po’ della sua libertà in cambio di un po’ di sicurezza non merita né l’una né l’altra» Benjamin Franklin

 Carmelo Vella