Trashware

Buttare? No, grazie, meglio riciclare!

“Trashware” è parola di origine inglese composta, derivata dalla contrazione delle parole “trash” (spazzatura) e hardware (parte fisica dei computer, intesi nel senso più ampio). Il termine trashware indica computer recuperati facendo tornare ad essere usabili vecchi componenti hardware (anche di diversi computer).

Proprio in questo momento, per scrivere questo articolo, sto usando un vecchio netbook ASUS Eee PC 4G, che si è più volte rotto. L’ho aggiustato l’ultima volta proprio ieri dotandolo di una “nuova” tastiera, presa da una tastiera/custodia per tablet comprata per 10€ in un negozio cinese.

Altro esempio di trashware che posso qui ora fare è un vecchissimo notebook Toshiba, così vecchio che ha il lettore per i floppy disk. Non veniva più usato perché lentissimo ed obsoleto e mi è stato donato qualche anno fa. Lo feci usare a mio padre installandoci, accanto al vecchio Windows Millennium che già aveva, una distribuzione GNU/Linux molto leggera – Vectorlinux 5.8 – e nonostante la RAM fosse solo 64mb (incredibile, vero?) veniva usato, oltre che per elaborazione testi (con Abiword), anche per leggere le email ed addirittura pure per Facebook, usando la versione mobile del notissimo social network (si accede alla versione mobile usando il seguente URL, al posto di quello solito: http://m.facebook.com). Per caricare una pagina web ci metteva un bel po’, ma riusciva comunque a farcela. Mio padre ha poi comprato un altro computer ed il vecchio notebook l’ho ripreso io, installandoci, oltre a tutti i software educativi e ricreativi possibili tra quelli del mondo del software libero (ovviamente nelle versioni che possono girare su quel vecchio hardware), anche ben due enciclopedie generali multimediali: quella della Finson (del 2006) e l’Encarta (ho la versione del 1999). Solitamente sui computer recuperati usando trashware si installa software libero ed ho di certo derogato da questo imperativo, non essendo affatto categorico, poiché trovo questi due software ottimi nel loro genere e trovo pure che, per certi versi, possano anche essere migliori dell’enciclopedia libera Wikipedia che (almeno nella sua versione in italiano, come in quella di molte altre lingue) ha ancora molta strada da fare e auspico anche che abbia “lunga vita e prosperità” (come diceva il saluto vulcaniano del buon vecchio signor Spok, della serie originaria di Star Trek). En passant, ho anche collaborato ad alcune voci di Wikipedia ed invito chiunque a farlo, laddove trovasse voci mancanti o da correggere. Tornando a ciò che stavo scrivendo su quel vecchissimo portatile, adesso usandolo si possono fare comodamente ricerche enciclopediche ed usufruire gradevolmente anche delle risorse multimediali delle enciclopedie di cui sopra: file audio come musiche di diverse parti del mondo, video relativi alla storia del secolo scorso e risorse educative interattive su diversi argomenti scientifici, solo per fare degli esempi e tutto ciò senza alcun bisogno di essere connessi ad Internet. Ovviamente così non si è aggiornati agli avvenimenti ed alle scoperte degli ultimissimi anni o giorni o minuti, come invece è possibile accedendo alla rete. Nel caso in cui è necessario effettuare ricerche sul web ovviamente non consiglierei l’uso di quel computer.

Quest’ultimo è un esempio estremo, è il caso di un computer che sarebbe stato buttato quasi da chiunque ne fosse venuto in possesso, ma è utile per dimostrare che se un vecchio hardware funziona ancora è quasi sempre possibile trovare il modo di renderlo non solo utilizzabile, ma anche utile. Ci sono associazioni che regalano trashware ad enti o persone bisognose, legando spesso ciò ad iniziative che hanno l’intento di colmare il cosiddetto divario digitale (in inglese “digital divide”), cioè la differenza tra chi è ne sa di più sulle tecnologie digitali e chi ne sa di meno.

Massimo Messina