Un declino millenario Classifica qualità della vita. Le province siciliane sono le peggiori

Durante il III secolo a.C. nelle colonie greche fondate in Sicilia fu coniato il termine Magna Grecia in riferimento a se stessi, per mostrare la loro grandezza rispetto alla vecchia Grecia per quanto riguarda fasti politici, economici, culturali e artistici raggiunti in quel periodo. Ma i fasti di un tempo sono ormai solo un lontano ricordo. Nell’ormai abituale classifica annuale sulla qualità della vita delle provincie italiane stilata dal Sole 24 ore la vecchia Acragas, oggi Agrigento, si aggiudica la maglia nera, posizionandosi in fondo alla classifica. Una maglia che ha già avuto modo di indossare nel 2007 e nel 2009. Ad ogni provincia è stato dato un voto riguardo ai numerosi aspetti presi in considerazione: «Servizi, ambiente e salute», «Affari e lavoro», «Popolazione», «Ordine pubblico», «Tenore di vita», «Tempo libero», «Servizi»; ed è la somma del punteggio a determinare la posizione in classifica.

Cattura3Agrigento ha raggiunto 427 punti ed ha perso ben 11 posizioni rispetto all’anno scorso, in cui si trovava in 96esima posizione. A fare peggio in questo senso solo Enna, tra le peggiori in assoluto quanto a posizioni perse, ben 13 rispetto al 2013. Con un punteggio di 439 si piazza al 101° posto. In Sicilia vanno peggio solo Caltanissetta (102) e Agrigento (107). C’è poco da stare allegri anche nel resto della regione, infatti se le migliori, Ragusa (75) e Siracusa (83), occupano un posto decente, tutte le altre si trovano in fondo, in ordine: Trapani (92), Messina (94), Palermo (95) e Catania (99). Insomma, quella che era la “Magna Grecia” è ormai diventata la “Peggio Italia”.

Non ci resta che interiorizzare il disinganno storico di un’isola che, smarriti i magici richiami goethiani, cede il passo ad una tormentata e non più oleografica rappresentazione. Una Sicilia contraddittoria, prigionieri di un’immagine favolosa, nonostante l’eccezionale egemonia di una cultura che travalica i confini nazionali, sede di conflittualità esasperate, ancestrale e onirica, omerica e quotidiana, rigogliosa ed aspra, a tratti lussureggiante, a tratti arsa dal sole e bruciata dalla lava, agitata senza posa dal travaglio dialettico ragione-mito, verità-mistificazione, progresso-immobilismo che acuisce la lacerazione della coscienza, segnata dalla consapevolezza di una riscossa impossibile, di una staticità mortificante. Situazioni esteriormente diverse ma immutate nel loro fondamento: l’approdo è sempre un grumo di miserie.

Carmelo Vella